sabato 27 gennaio 2018

MEDITATE...CHE QUESTO E' STATO

27 Gennaio...73 anni fa veniva "scoperto" il Konzentrazionlager di Oświęcim, a 60 km da Cracovia, portando agli occhi del mondo l'oscenità dell'Olocausto.
Da allora Auschwitz è sinonimo di orrore, di torture, di morte, di sterminio, tanto da rendere la data del 27 gennaio, Giorno della Memoria, perché nessuno dimentichi o possa dire che "tanto non è successo nulla".
In questa Giornata, al di la della retorica, voglio pubblicare un'analisi (o riflessione....) che ho fatto sul brano più celebre dei molti che costituiscono la bibliografia dell'Olocausto e che ho utilizzato per cercare di raccontare al pubblico la follia della Shoah.
Voi, che vivete sicuri nelle vostre tiepide case
Ora, immaginate questo giovane, 25 anni, rinchiuso in un campo di lavoro, dove vede i suoi “fratelli” consumarsi e morire, dove soffre il freddo, la fame, dove si muore di tifo, di dissenteria…
A chi mai potrà rivolgersi? Chi era l’umanità che poteva passare nei suoi pensieri?
Chi sono quei “Voi” a cui lui parla? L’umanità che costituiva il suo mondo era fatta da relitti umani a un passo dalla morte e da un popolo di persecutori senz’anima, un esercito di cani che abbaiavano e ammazzavano con la stessa facilità con la quale potevano sorridere.
In quella condizione di freddo estremo e senza riparo, parlare delle “Tiepide case” deve essere stata una pugnalata al cuore, una nostalgia infinita…vi è mai capitato di stare al freddo per una mezza giornata e non vedere l’ora di tornare a casa al calduccio? Immaginate di restarci tutto un inverno, giorno e notte, in un posto del Nord Europa, in una pianura spazzata da aria gelida, senza possibilità di sognare un ritorno “a casa”… Attenzione: non parla di case calde, ma tiepide, come se non riuscisse più ad immaginarlo il caldo, di poter arrivare al massimo a un “tiepido”…
Vita che non può più dirsi tale; sicurezza che non c’è più; vostra, la proprietà, in un luogo dove non si è più proprietari nemmeno della propria vita ma, anzi, ognuno è proprietà dei carnefici, cera molle tra le loro mani; la casa, un sogno infinito e forse irraggiungibile…
Voi, che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici
Cibo caldo e visi amici: dove il cibo non c’è e se c’è è osceno, e dove i visi che si vedono sono di cadaveri ambulanti o di aguzzini spietati.
Ma qui c’è una parola che grida vendetta più delle altre: “tornando”.
Si legge spesso nei racconti dei sopravvissuti: tutti in quella situazione sperano di tornare, ma la maggior parte di loro sa che non tornerà mai più. Anche perché tornare, significa arrivare al punto da cui si è partiti: e chi mai potrà tornare ad essere quello che era, anche uscendo da li?
Considerate se questo è un uomo
Uomo: nel senso più vero del termine…in  una situazione del genere, ma anche nel contesto storico di cui vi parlavo…non siamo più considerati uomini, ma bestie, oggetti…non è un caso che usi il termine “questo”: “Questo” si usa più per gli oggetti che per le persone…
Che lavora nel fango
In questa piccolissima frase, ci sono millenni di storia e tradizione ebraica: l’immagine del fango non riporta anche voi al maiale? E il maiale è l’animale impuro per eccellenza: chi ha a che fare con i maiali è impuro…ricordate la parabole del Figliol Prodigo? Il figlio che si ritrova a pascolare i porci…non è un’immagine a caso, ma il segno di aver toccato il fondo più assoluto, di essere uscito dalle grazie degli esseri umani (Gesù parlava agli ebrei in questa parabola).
Non c’è più un uomo, ma il più impuro, l’ultimo tra le creature.
Che non conosce pace, che lotta per un pezzo di pane
Come può essere “in pace” un uomo che lotta per un pezzo di pane? Come è possibile considerare “Vita” un’esistenza simile, dove quel poco che viene concesso dagli aguzzini per sopravvivere deve essere integrato dalla disperazione di rubare ad altri poveracci? Mors tua, vita mea...
Che muore per un si o per un no
Qui si respira tutta la precarietà dell’esistenza ad Aushwitz (e in tutti i Campi di Concentramento), dove ad ogni istante si poteva morire senza motivo, a partire dal momento dell’arrivo, quando, scaricati dai treni, i prigionieri venivano selezionati dagli staff medici: il loro “Si” o il loro “No”, significavano Vita o Morte…
Ma ogni attimo poteva essere l’ultimo, solo per la volontà degli aguzzini, senza considerare la fame, il freddo, la fatica, le malattie…
Considerate se questa è una donna
Attenzione: non è secondario che  un certo punto, Primo Levi non si riferisca più a un uomo ma a una donna…in una situazione simile mantiene la lucidità di pensare a una donna, magari ispirato a qualche donna da lui vista ad Aushwitz. Uomo e donna: forse è la massima manifestazione di umanità…come se volesse a tutti i costi trovare l’ultimo barlume di umanità, restarci attaccato con le unghie e con i denti, in una situazione che rappresenta il massimo della disumanità.
Senza capelli e senza nome
Non è solo il fatto che nel lager il nome scompare, e si è classificati solo attraverso il numero tatuato sulla pelle: nome significa appartenenza, nella cultura ebraica più ancora che nella nostra. Non è un caso che nel Genesi si dice che Dio invita l’uomo a “dare un nome” alle specie animali: le affida all’uomo perché il mondo stesso appartenga a lui.
E non solo: una donna quando si sposa cambia il proprio cognome (in alcune culture lo cambia proprio anagraficamente), in pratica da quel momento va ad “appartenere” al proprio uomo.
Una donna senza nome, ancor più di un uomo, è una donna senza identità, senza passato e senza avvenire.
E una donna ancor più di un uomo prende una sua identità, una sua originalità attraverso i capelli.
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Sentite la forza di questo brano: come se stesse parlando di cadaveri, senza ricordi, senza passato…occhi vuoti, senza vita…grembo freddo, come fosse morto. Il grembo in una donna significa Vita, la culla naturale della nascita. Avete mai visto quelle statue medievali di figure femminili, soprattutto della Madonna: con il ventre prominente, in una posizione poco elegante ma molto simbolica…il ventre spinto in fuori significa apertura alla vita, centralità alla rivelazione. Che contrasto con questo “Freddo il grembo”…
Come una rana d’inverno
Ecco, qui si può forse trovare la frase più criptica dell’intero testo…cosa significa?
La rana, in molte culture è segno di fertilità e rinnovamento: in inverno la rana non può figliare…
Una rana d'inverno mi fa pensare ad una donna nuda, tremante, inerme, deformata nel corpo, inespressiva, in attesa solo della morte inevitabile.
Meditate che questo è stato
Sembra una frase profetica: come se sapesse che qualche anno dopo ci sarebbero state persone che avrebbero negato tutto l’accaduto.
Non solo: Meditate che Questo è stato…questo è un uomo…coincidenza? E cosa vuol dire “è stato”? Solo “è accaduto”? E se fosse un “è stato e ora non è più”, modo aulico di definire un defunto…allora proviamo a traslitterare la frase: “Meditate, perché l’uomo è morto”. Anche se tornerà a casa, anche se dovesse sopravvivere…qualcosa in lui sarà morto…ma non solo l’internato, persino l’aguzzino: nei lager l’uomo, l’Essere Umano, ha perso la sua umanità…è scomparso lasciando spazio a un'altra creatura, senza anima né cuore…
Vi comando queste parole
Attenzione, perché qui inizia una vera e propria preghiera: anzi, la versione “cattiva” della Preghiera per eccellenza del Popolo Ebraico: lo Sh’ma Israel, un po’ come è per noi il “Padre Nostro”. Non è un caso se inizia questa formula con l’espressione “Comando”.
Provate a confrontarle:
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
E qui viene fuori la rabbia…fino ad ora era incredulità, depressione, arrendevolezza…ora diventa rabbia, cattiveria, quasi violenza! Ma non contro gli aguzzini, non contro i nazisti o i collaborazionisti, non contro chi ha perpetrato una delle peggiori atrocità della storia umana…
Questa è una specie di minaccia verso chi non saprà essere Testimone: Ripetetele ai vostri figli, ai vostri discendenti, perché nessuno possa dimenticare.
E’ come dire che la cosa davvero grave è dimenticare: quello che è stato è stato, ora l’importante è farne Memoria, anche se può costare fatica, dolore, amarezza.
O vi si sfaccia la casa
La casa è simbolo di sicurezza, di protezione, è persino sinonimo di Famiglia: è una Maledizione atroce, e non è un caso che questa frase venga prima di un’altra, grave, ma a quanto pare meno grave di questa.
La malattia vi impedisca
Noi diciamo sempre “L’importante è la salute”…qui non si parla solo di mancanza di salute, ma che addirittura arrivi una malattia che “impedisca”, cioè renda inabili…è brutto, ma ancora di più pensando alla tradizione ebraica, dove la malattia, la deformità, l’inabilità sono viste come castigo di Dio (esattamente come la prosperità e la salute sono considerati Doni di Dio). Ricordate quando i Discepoli, vedendo il cieco, chiedono a Gesù se fosse lui o i genitori ad essere peccatori???
I vostri nati torcano il viso da voi.
Beh, non c’è bisogno che ve la spieghi, no? Vorrei solo sottolineare una parola, quel “Torca”…sentite quale forza, quale violenza si manifesta in questa parola. Il verbo “torcere” è usato spesso in un’azione subìta, cioè qualcuno che torce a qualcun altro…qui è diretto: i vostri figli torcano (il loro viso) da voi…si provochino dolore fisico, si torturino pur di non meritare a voi il loro sguardo.
Provate a pensarci: qual è il quarto comandamento? “Onora il Padre e la Madre” (ovviamente i comandamenti cristiani derivano da quelli ebraici, dal libro del Deuteronomio)…qua si dice più o meno:
Se sarai tanto codardo da non ricordare, da non testimoniare ciò che è stato, sarai maledetto da Dio e persino i tuoi figli si vergogneranno di te; e si allontaneranno dal rispetto della Legge pur di mostrare a voi tutto il loro disprezzo.
Maledire è il massimo della punizione nella Bibbia…non è una cosa così leggera…è Dio che Maledice!
Non Dimentichiamo...mai!!!

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