Lo scrivo subito, tanto per evitare fraintendimenti: trovo
squallido il tentativo di beatificare a reti unificate Benedetto Craxi detto
Bettino.
Il mondo della politica, subito spalleggiata da quel
giornalismo sempre prono al potere, si è dato un gran daffare in questi ultimi
anni per riabilitare un politico che, è giusto ricordarlo, non è morto da
esule, ma da fuggitivo, non era in un luogo sperduto perché mandato via da
chissà quali decisioni politiche, ma era per sua scelta, quella di sfuggire
alla Giustizia, in un luogo dove le persone normali, quelle che lavorano tutto
l’anno e pagano abbondanti tasse, possono permettersi di fare una settimana di
vacanza all’anno, se tutto va bene.
Bettino Craxi è entrato ufficialmente in politica a 22 anni
e ha cavalcato le sue, certamente valide, qualità per fare carriera fino a
diventare Presidente del Consiglio negli anni ’80.
Non è certo questo suo successo quello che fa arrabbiare:
probabilmente ha saputo governare meglio di molti altri prima di lui e dopo di
lui…il problema è che dal 1956, anno della sua entrata ufficiale in politica,
fino al 1993, anno della sua fragorosa caduta, ha attraversato quasi 4 decenni
ai vertici di quell’establishment di cui è diventato una figura iconica,
incarnandone il potere e le contraddizioni.
Dotato di una personalità forte al limite dell’arroganza, è
stato più di ogni altro un simbolo di quel sistema di tangenti che ha spolpato
l’Italia fino a quel 17 febbraio 1992, quando l’arresto dell’ingegner Mario
Chiesa scoperchiava tutto l’universo di ruberie che è stato definito
“Tangentopoli”.
Craxi fu in prima linea nel difendere il proprio partito
definendo lo stesso Chiesa come “Un mariuolo che getta un'ombra su tutta
l'immagine di un partito” (Craxi, TG3, 3 marzo 1992), ma ben presto il
coinvolgimento dell’intero mondo politico lombardo e poi italiano non risparmiò
neppure i socialisti.
Fu a quel punto che il “Grande Statista”, sentendosi in
trappola, tentò l’all-in richiedendo al Presidente della Repubblica la guida
del governo a seguito delle elezioni del ’92: fortuna per l’Italia che il Capo
dello Stato era un uomo tutto d’un pezzo come Oscar Luigi Scalfaro, il quale
rifiutò di cedere la guida del Paese a chi era troppo vicino agli inquisiti.
Craxi, tentò allora un colpo di coda, denunciando la
correità dell’intero Parlamento sui fatti di Tangentopoli, costruendo su di sé
una figura duplice: quella di uno statista coraggioso che ha la forza,
denunciando tutti gli altri, di mettersi più “dalla parte del popolo
inferocito”, ma anche quella di chi sfida la Magistratura ad arrestare tutti i
colpevoli forte di una supposta intoccabilità, quella stessa Magistratura che
Craxi attaccò pesantemente in un tentativo di screditarla agli occhi
dell’opinione pubblica.
Le sue fortune, però, stavano per scemare presto e
l’umiliante lancio delle monetine fuori dall’Hotel Raphael fu il suo addio alla politica, che significò anche l’addio alla
sua immunità parlamentare.
Il 12 maggio 1994 gli venne
ritirato il passaporto per pericolo di fuga, ma era già troppo tardi perché
Craxi, si seppe solo il 18, era già in Tunisia ad Hammamet, protetto
dall'amico Ben Alì (il presidente
tunisino che prese il potere con un colpo di Stato e restò in sella per 23
anni, spodestato solo dalla Rivoluzione dei Gelsomini del 2011); già il 5 maggio era stato avvistato a Parigi, dato che inizialmente era intenzionato a chiedere asilo politico alla Francia.
Il 21 luglio 1995 Craxi sarà
dichiarato ufficialmente latitante.
Latitante, non
esiliato!!! Lui se ne andò in Tunisia per sfuggire al processo che avrebbe
dovuto affrontare e chi non ha nulla da nascondere non ha problemi a farsi
processare.
So che quest’ultima
frase sembra fuori tempo, ormai, dopo tutti i casi di cui siamo stati testimoni
negli ultimi anni…eppure continuo a considerarla come un’espressione necessaria
se pensiamo di vivere in un Paese giusto, in una Democrazia onesta.
In ogni caso e al di
la del suo ultimo periodo di vita, nel dorato esilio autoimposto di Hammamet,
Craxi è stato ai vertici politici in anni nei quali lo stesso panorama politico
si è macchiato, oltre che di ruberie scandalose, di complici silenzi riguardo a
mattanze indicibili: basti pensare agli attentati negli anni di piombo, ai casi
di Ustica, degli omicidi ai magistrati antimafia…chiaramente non tutto questo
fu “colpa” di Craxi, ma anche lui era all’interno, non in posizioni di
retrovia, di questo meccanismo.
La Prima Repubblica,
terminata proprio nel vortice di Tangentopoli, fu un enorme tritasoldi che
indebitò il Paese ben oltre le proprie possibilità a beneficio di politici,
faccendieri e intermediari di sorta. Forse ce ne dimentichiamo troppo
rapidamente e la nostra mancanza di Memoria permette, oggi, di celebrare i 20
anni dalla morte di Bettino Craxi come di un martire, nello stesso giorno in
cui, invece, sarebbe il caso di ricordare il compleanno di un uomo che ha
davvero vissuto per il bene dell’Italia, ed è stato veramente martirizzato:
Paolo Borsellino.
Potrebbe sembrare un
punto di vista eccessivamente populista, potrebbe apparire come un discorso
eccessivamente giustizialista, me ne rendo conto, ma non è questo il mio
intento: non credo nel giustizialismo, ma nella Giustizia si, quella Giustizia
che rende civile un Paese, quella Giustizia che dovrebbe invitare tutti al
rispetto della legge, del proprio Paese.
Ecco perché è
scandaloso beatificare un criminale (perché tale è stato…) e dimenticare un
uomo di legge…
Da chi trattate da
Martire sapremo giudicarvi!