lunedì 20 gennaio 2020

BEATO BETTINO, PATRONO DEI LATITANTI

Lo scrivo subito, tanto per evitare fraintendimenti: trovo squallido il tentativo di beatificare a reti unificate Benedetto Craxi detto Bettino.
Il mondo della politica, subito spalleggiata da quel giornalismo sempre prono al potere, si è dato un gran daffare in questi ultimi anni per riabilitare un politico che, è giusto ricordarlo, non è morto da esule, ma da fuggitivo, non era in un luogo sperduto perché mandato via da chissà quali decisioni politiche, ma era per sua scelta, quella di sfuggire alla Giustizia, in un luogo dove le persone normali, quelle che lavorano tutto l’anno e pagano abbondanti tasse, possono permettersi di fare una settimana di vacanza all’anno, se tutto va bene.
Bettino Craxi è entrato ufficialmente in politica a 22 anni e ha cavalcato le sue, certamente valide, qualità per fare carriera fino a diventare Presidente del Consiglio negli anni ’80.
Non è certo questo suo successo quello che fa arrabbiare: probabilmente ha saputo governare meglio di molti altri prima di lui e dopo di lui…il problema è che dal 1956, anno della sua entrata ufficiale in politica, fino al 1993, anno della sua fragorosa caduta, ha attraversato quasi 4 decenni ai vertici di quell’establishment di cui è diventato una figura iconica, incarnandone il potere e le contraddizioni.
Dotato di una personalità forte al limite dell’arroganza, è stato più di ogni altro un simbolo di quel sistema di tangenti che ha spolpato l’Italia fino a quel 17 febbraio 1992, quando l’arresto dell’ingegner Mario Chiesa scoperchiava tutto l’universo di ruberie che è stato definito “Tangentopoli”.
Craxi fu in prima linea nel difendere il proprio partito definendo lo stesso Chiesa come “Un mariuolo che getta un'ombra su tutta l'immagine di un partito” (Craxi, TG3, 3 marzo 1992), ma ben presto il coinvolgimento dell’intero mondo politico lombardo e poi italiano non risparmiò neppure i socialisti.
Fu a quel punto che il “Grande Statista”, sentendosi in trappola, tentò l’all-in richiedendo al Presidente della Repubblica la guida del governo a seguito delle elezioni del ’92: fortuna per l’Italia che il Capo dello Stato era un uomo tutto d’un pezzo come Oscar Luigi Scalfaro, il quale rifiutò di cedere la guida del Paese a chi era troppo vicino agli inquisiti.
Craxi, tentò allora un colpo di coda, denunciando la correità dell’intero Parlamento sui fatti di Tangentopoli, costruendo su di sé una figura duplice: quella di uno statista coraggioso che ha la forza, denunciando tutti gli altri, di mettersi più “dalla parte del popolo inferocito”, ma anche quella di chi sfida la Magistratura ad arrestare tutti i colpevoli forte di una supposta intoccabilità, quella stessa Magistratura che Craxi attaccò pesantemente in un tentativo di screditarla agli occhi dell’opinione pubblica.
Le sue fortune, però, stavano per scemare presto e l’umiliante lancio delle monetine fuori dall’Hotel Raphael fu il suo addio alla politica, che significò anche l’addio alla sua immunità parlamentare.
Il 12 maggio 1994 gli venne ritirato il passaporto per pericolo di fuga, ma era già troppo tardi perché Craxi, si seppe solo il 18, era già in Tunisia ad Hammamet, protetto dall'amico Ben Alì (il presidente tunisino che prese il potere con un colpo di Stato e restò in sella per 23 anni, spodestato solo dalla Rivoluzione dei Gelsomini del 2011); già il 5 maggio era stato avvistato a Parigi, dato che inizialmente era intenzionato a chiedere asilo politico alla Francia.
Il 21 luglio 1995 Craxi sarà dichiarato ufficialmente latitante.
Latitante, non esiliato!!! Lui se ne andò in Tunisia per sfuggire al processo che avrebbe dovuto affrontare e chi non ha nulla da nascondere non ha problemi a farsi processare.
So che quest’ultima frase sembra fuori tempo, ormai, dopo tutti i casi di cui siamo stati testimoni negli ultimi anni…eppure continuo a considerarla come un’espressione necessaria se pensiamo di vivere in un Paese giusto, in una Democrazia onesta.
In ogni caso e al di la del suo ultimo periodo di vita, nel dorato esilio autoimposto di Hammamet, Craxi è stato ai vertici politici in anni nei quali lo stesso panorama politico si è macchiato, oltre che di ruberie scandalose, di complici silenzi riguardo a mattanze indicibili: basti pensare agli attentati negli anni di piombo, ai casi di Ustica, degli omicidi ai magistrati antimafia…chiaramente non tutto questo fu “colpa” di Craxi, ma anche lui era all’interno, non in posizioni di retrovia, di questo meccanismo.
La Prima Repubblica, terminata proprio nel vortice di Tangentopoli, fu un enorme tritasoldi che indebitò il Paese ben oltre le proprie possibilità a beneficio di politici, faccendieri e intermediari di sorta. Forse ce ne dimentichiamo troppo rapidamente e la nostra mancanza di Memoria permette, oggi, di celebrare i 20 anni dalla morte di Bettino Craxi come di un martire, nello stesso giorno in cui, invece, sarebbe il caso di ricordare il compleanno di un uomo che ha davvero vissuto per il bene dell’Italia, ed è stato veramente martirizzato: Paolo Borsellino.
Potrebbe sembrare un punto di vista eccessivamente populista, potrebbe apparire come un discorso eccessivamente giustizialista, me ne rendo conto, ma non è questo il mio intento: non credo nel giustizialismo, ma nella Giustizia si, quella Giustizia che rende civile un Paese, quella Giustizia che dovrebbe invitare tutti al rispetto della legge, del proprio Paese.
Ecco perché è scandaloso beatificare un criminale (perché tale è stato…) e dimenticare un uomo di legge…
Da chi trattate da Martire sapremo giudicarvi!

venerdì 17 gennaio 2020

COME POSSO FARE…MEMORIA???

Tra pochi giorni si celebrerà la Giornata della Memoria per le vittime della Shoah, ricorrenza internazionale istituita nel 2005 e sempre fonte di dibattiti e polemiche.
Anche quest’anno avrò la possibilità di viverla in prima persona attraverso le parole, i silenzi, la ambientazioni che solo il teatro sa regalare: poter raccontare qualcosa riguardo a quei fatti sconcertanti, quel baratro infinito nel quale l’umanità è stata risucchiata dalle proprie idee assurde e malate, è sempre qualcosa che richiede una fatica fisica, morale, spirituale.
Far salire alle labbra parole che descrivono un orrore indicibile, elementi che qualsiasi spirito umano senziente vorrebbe cancellare dalla mente perché troppo dolorose, pensieri troppo spaventosi per essere tradotti in povere parole, ebbene è qualcosa che graffia il cuore, che lacera l’anima, che straccia le carni.
Le volte che mi è capitato, attraverso due differenti racconti, di far rivivere quegli eventi orribili, ho avuto la sensazione di sentire sulla mia pelle il freddo dei lager, nei miei occhi il dolore della disumanità, nelle mie narici l’odore della morte…potere del teatro…
Eppure…nonostante in questi stessi giorni io stia lavorando su un testo completamente nuovo da presentare in futuro e che parla di un aspetto legato a questi eventi, guardandomi attorno, vedendo e ascoltando l’aria che tira in questo Paese (e in gran parte della vecchia Europa) mi sto chiedendo come…come posso fare davvero Memoria, come posso far capire che tutto quello che racconterò, nell’infinita ciclicità del nostro mondo e della nostra storia, forse non è ancora accaduto, pur potendolo raccontare come storia del passato?
Penso sia piuttosto inutile raccontare di un evento trascorso se tale episodio non può insegnarci ad affrontare il presente e a migliorare il futuro: a che serve conoscere la storia del fallimento di Napoleone nella Campagna di Russia se non per evitare di commettere gli stessi errori? Eppure, 130 anni dopo…
Il clima attuale mi porta a dire che siamo un po’ tutti così, incapaci di leggere il presente perché immemori del passato.
Infatti, cosa ci dice il presente?
Si, il presente parla, parla molto: comunica per parole, immagini, canzoni, suoni, idee, silenzi, passioni.
E cosa ci dice? Ci parla di un odio che non è nemmeno più strisciante, ma urlante e violento. Parla di persone classificate per colore, provenienza, idee, sessualità.
Parla di omosessuali picchiati da vili squadracce violente, parla di razze ritenute inferiori, parla di un uso sconsiderato di insulti e minacce che ne generano sempre di più, parla di un odio a prescindere verso gli esponenti di un credo religioso (se 80 anni fa erano gli ebrei oggi sono i musulmani), parla di episodi di violenza domestica commentati come normali…
Parla di un popolo sempre più ampio di revisionisti, di persone che considerano 6 milioni di ebrei morti come una barzelletta diffusa dai “nemici” (si, ma quali???), che trattano la tortura e la morte di centinaia di migliaia di zingari, slavi, omosessuali, jenish, comunisti, intellettuali, prigionieri politici, Pentecostali come una fake-news ante litteram, che considerano migliaia di corpi utilizzati per sciagurati esperimenti scientifici come una balla raccontata per infangare quelli che in un delirio propagandistico vennero definiti “Jugendlager”, campi della gioventù, villaggi vacanze per svantaggiati…
E poi parla anche attraverso persone che giustificano la violenza, che fomentano l’odio, che seminano sospetto, che invece di prendersela con ladri, truffatori e criminali attaccano chi tenta di diffondere rispetto, umanità, educazione…
Come posso dire che i lager sono stati solo l’ultima, macabra tappa della repressione nei confronti dei “nemici del popolo”, iniziata da una propaganda feroce, a dei ragazzi che vivono in un tempo di comunicazione estrema ed aggressiva?
E com’è possibile raccontare che anche in Italia, in quegli anni, squadre di picchiatori
prendevano di mira chiunque tentasse di opporsi al percorso fascista, uscendone sempre impuniti e che la gente “perbene” classificava come piccoli episodi trascurabili? Come posso dirlo a chi, magari, considera il pestaggio a un omosessuale come “dovuto”, le botte di un uomo a una donna come normali segnali di “amore”, la violenza sessuale come “normale” se la vittima portava una gonna corta?
In generale, come fare a raccontare che in quegli anni, per prendere e tenere il potere, si bruciavano i libri, si sottovalutava la scuola se non come arma di aggregazione e propaganda, si espellevano o incarceravano gli intellettuali? Come posso parlare di questo a un popolo che non legge più, che porta l’ignoranza a stile di vita, che vede la cultura come un nemico da cui guardarsi?
Beh, direi che la strada si preannuncia in ripida salita, ma forse mai come oggi diventa fondamentale fare Memoria, rendere presente, qui e ora, come solo il teatro sa fare.
Qui e ora, perché non si parla di passato, ma di presente, perché non si racconta di un trascorso ma di un futuro, perché non si parla di vittime e carnefici, ma di noi…fortemente di noi, qui e ora.