giovedì 11 ottobre 2018

Historia magistra vitae…?

Memoria.
Forse mai come in questi anni si fa urgente dare sempre nuovi significati a questo termine.
Bistrattata, sbeffeggiata, sconfessata: la Memoria è oggetto ogni giorno di attacchi più o meno meschini, da parte di chi ha esigenza di ricoprire, di mascherare, di “rileggere” a modo proprio, per il tornaconto del partito, dell’idea, della fede.
“Revisionismo”, in questi anni ha sostituito in modo preoccupante il termine “Memoria”, e quel che è peggio, ne ha sostituito il valore: “revisionare” la Shoah, le stragi degli anni di piombo, i massacri compiuti da questo o da quel movimento, da questo o quel paese, da questo o quel “cane sciolto”…rivederlo o utilizzarlo per perorare la propria causa, il proprio pensiero, il proprio orticello…
“Historia magistra vitae” è un’espressione che non trova più radici nel nostro presente ed è un inquietante ossimoro: il fatto stesso che sia una locuzione latina la fa sembrare come qualcosa di antico, di decadente, di superato, come se 2070 anni di storia (tanto è passato da quando Marco Tullio Cicerone l’ha pensata, scritta, regalata a una umanità ingrata…) si possano cancellare in pochi anni, distrutti da un’ignoranza sempre più arrogante  e dilagante, dove chiunque può affermare tutto e il contrario di tutto senza pensare a quanto, a volte, fiumi di parole vuote possano seppellire le parole di verità, di Memoria, di bellezza che il passato, la storia, ci ha regalato.
E’ questa la battaglia che quotidianamente e con i miei piccoli e scarni mezzi, con la pochezza delle mie modeste capacità, con la volontà di non arrendermi alle brutture che quotidianamente vedo e vivo, provo a combattere.
Una battaglia fatta di sussurri che combattano le urla e gli strepiti con la bava alla bocca, una guerra fatta di parole e pensieri che sovrastino gli slogan facili e stupidi, una lotta fatta di ricordi, di ricostruzioni e di documenti che si oppongano alla facile soluzione del rimuovere il passato.
Il lavoro da fare è tanto, faticoso, spossante ma esaltante: tre ore su un palcoscenico sono soltanto la punta dell’iceberg del lavoro. Ogni singolo spettacolo, ogni racconto è frutto di mesi di studio, di approfondimento, di ricerca di fonti, di materiali, di ragionamento su quello che possa servire per rendere onore alla verità dei fatti. E poi contatti, telefonate, riunioni, sopralluoghi, documentazioni, burocrazie (a volte folli!)…ricordo una serata che ha avuto necessità di ben due anni e mezzo di lavoro per essere organizzata…e ancora: è necessario un investimento economico, denaro che esce dalle tasche senza sapere se mai sarà reintegrato…
Molto di questo lavoro, di questo impegno, di questa passione, ha dato frutto oggi, in questo autunno che ingrigisce, con un calendario di spettacoli, di racconti, di frammenti di Memoria.
Un totale di sette serate, per tre differenti schegge di Memoria, tutte sul territorio bergamasco e questo mi fa piacere: Bergamo è sempre stata la mia casa, ma non sempre è stata accogliente e ricettiva nei confronti della Memoria o forse non è sempre pronta ad investire sugli outsider (come sono stato definito in un articolo di qualche anno fa) puntando sui grandi nomi che fanno grandi numeri.
Si comincia venerdì 12 ottobre nella palestra di Borgo di Terzo, dove, in occasione della presentazione della locale sezione della Protezione Civile, presenterò il racconto di Paolini e Vacis “Vajont, 9 ottobre ’63 – Orazione Civile” a pochi giorni dal 55° anniversario. Durante la serata ci sarà il Coro Alpini Valcavallina che presenterà alcuni brani e ci sarà la testimonianza di Federico Abrati, alpino di Bolgare che nel ’63, militare di leva, fu mandato a Longarone per scavare nel fango. Ci sarà anche una esposizione di fotografie che racconteranno per immagini quei tragici giorni.
Sabato 13 si replica ma in un luogo molto suggestivo: l’Ex Carcere di Sant’Agata in Città Alta, con l’organizzazione del Maite – Bergamo Alta Social Club. Un luogo che parla di dolore, di lacrime, di reclusione, di redenzione: come fu Longarone in quegli anni.
Tra fine ottobre e inizio novembre, poi, si terranno le celebrazioni per il centenario della fine della Grande Guerra: 100 anni da quando il mondo fu liberato da una follia che l’aveva alleggerito di 24milioni di esseri umani in 4 tragici anni.
Il Battaglione Bosniaco – Carzano 1917: il Grande Tradimento” è un monologo scritto a sei mani da me, dallo scrittore Daniele Zanon (che si occupa anche di accompagnare il monologo con la musica delle sue fisarmoniche e armoniche) e dallo storico Valerio Curcio e ricostruisce la vicenda passata alla storia come “Il Sogno di Carzano”, un episodio di guerra avvenuto sul fronte trentino pochi giorni prima della rotta di Caporetto e che avrebbe potuto cambiare lo svolgimento stesso del conflitto, risparmiando, magari, qualche milionata di vittime.
Sabato 20 ottobre le vicende del Maggiore Pivko e del Maggiore Lalatta saranno presentate per la prima volta in provincia di Bergamo (dopo 6 repliche tra Trentino, Veneto e Piemonte) nella Sala della Comunità di Bottanuco, mentre il sabato successivo, il 27, saremo in scena nella Sala Consiliare di Cene.
Sabato 3 novembre, vigilia della data fatidica, la trascorreremo facendo Memoria nella Sala Conferenze della Biblioteca di Gandino, mentre il successivo venerdì, 9 novembre, chiuderemo la stagione presso il salone della Scuola Materna di Bonate Sotto.
Infine, per chiudere la stagione autunnale, si farà Memoria in un modo particolare, come nemmeno io avevo mai fatto.
Insieme ad un gruppo di artisti straordinari, di eccellenti musicisti, abbiamo costituito negli scorsi mesi il gruppo “Genti Diverse – Officina Musicale” e sabato 24 novembre al Teatro Qoelet di Redona porteremo per la prima volta in scena, in anteprima assoluta, uno spettacolo-concerto dal titolo “La Buona Novella”, ispirato all’omonimo album di Fabrizio De André secondo gli arrangiamenti della Premiata Forneria Marconi: la “Prima” andrà in scena a gennaio 2019 per celebrare i 50 anni dalla pubblicazione dell’album e i 20 anni dalla morte di uno dei poeti più straordinari del nostro tempo.
Memoria, dunque: di ogni tipo e forma, raccontata attraverso parole, musica, sguardi, incontri…teatro, qui e ora.
Forse se fossimo più capaci di incontrarci di persona, qui e ora, di comunicare attraverso sguardi, parole, sorrisi, magari saremmo anche più “umani”, qui e ora, e la Memoria, il ricordo, sarebbe un esercizio quotidiano e meno complicato.
Historia magistra vitae…?