Anno Domini 2018…100 anni fa, nel 1918, aveva la sua
conclusione una follia che la storia ha battezzato con il rassicurante nome di
Grande Guerra, iniziata 4 anni prima con l’assassinio dell’Arciduca d’Austria
Francesco Ferdinando ad opera del terrorista bosniaco di origini serbe Gavrilo
Princip e alla successiva dichiarazione di guerra dell’Impero nei confronti del
Regno di Serbia, il 28 luglio 1914.
1560 giorni di follia, 6000 morti al giorno nei combattimenti, più di 24
milioni di vittime tra civili e militari, 25mila chilometri di trincee solo sul
fronte occidentale…senza contare che, nella parte conclusiva del conflitto e
fino al 1920, con la popolazione stremata dalla fatica, dalla fame e dalla
povertà, l’Influenza Spagnola, portata in tutto il mondo da contingenti degli
USA dislocati in Francia, mieterà altre 50 milioni di persone (secondo le stime
al ribasso…).
Questo fu il tragico finale di quella che è stata chiamata “Belle Époque”, un
periodo di “risveglio”, di bellezza, di sogno, di speranza: dopo le guerre
Napoleoniche l’Europa stava vivendo il periodo di pace e di stabilità politica
più lungo di sempre e lo sviluppo culturale, economico, artistico, scientifico
della Belle Époque sembrava inarrestabile (tralasciando le scellerate teorie
che sarebbero state il germoglio di ideologie malate, capaci di distruggere il
genere umano in quanto tale…).
Eppure, proprio nello splendore di un’epoca d’oro, ecco la brace di un’umanità
bellicosa, popoli pronti al conflitto, alla volontà di indipendenza…
Quanti episodi hanno riempito i freddi numeri poc’anzi descritti? Quante vite
hanno vissuto, combattuto, sofferto in quei lunghi anni? Quanti nomi
sconosciuti, i nostri padri, nonni, bisnonni, potrebbero raccontarci vicende
che non troveremo mai sui libri di scuola?
Quanti eroi senza nome hanno contribuito all’esito di questa follia?
Penso allo splendido film di Monicelli, dove i due soldati definiti “meno
efficenti”, quelli sempre pronti a evitare i pericoli e i lavori gravosi, si
trovano davanti al colonnello austriaco e, per paura, orgoglio, pazzia, si
lasciano fucilare in modo eroico piuttosto di rivelare i piani di resistenza
italiani. Alla fine i due saranno considerati, dai propri comandanti ignari
della loro sorte, come “i due lavativi che anche stavolta l’hanno scampata”.
Eroi dimenticai, ai quali la storia ha riservato una doppia beffa; episodi
fondamentali, che l’oblìo della Memoria ha condannato a restare sepolti nel
passato, a volte per caso, a volte per dolo.
Questa è la sorte capitata ai “Fatti di Carzano” del 18 settembre 1917,
dimenticati perché scomodi, abbandonati perché imbarazzanti: in questo piccolo
paese della Valsugana, dove correva il fronte trentino, è accaduto un episodio
cruciale nella storia del conflitto, talmente importante da voler essere
dimenticato per l’esito allucinante che lo ha accompagnato.
Nazismo e fascismo lo hanno ricordato fin troppo bene, abbastanza da metterlo a
tacere per qualche anno; la follia della successiva Seconda Guerra Mondiale,
con il suo carico di morte, orrore, odio, tanto pieno di episodi da non
dimenticare, ha spazzato via tutto quello che non era stato “salvato”
dall’oblìo della Memoria, quello che non è finito subito sui libri di storia.
A Carzano l’Italia avrebbe potuto sferrare un colpo determinante alle forze
dell’Impero, ma ha gettato al vento l’occasione, consegnando il fianco (oltre
al danno, la beffa!) all’affondo austriaco che un mese dopo avrebbe messo in
ginocchio il Regio Esercito a Caporetto.
Storie sepolte in archivi antichi, episodi considerati minori, tenuti vivi solo
da qualche comitato di zona; la vicenda di Carzano è stata “riscoperta” quasi
per caso da Valerio Curcio, appassionato di Storia (e di “storie”) e
ricostruita in un appassionante romanzo con la collaborazione dello scrittore e
sceneggiatore Daniele Zanon.
Insieme a questi due personaggi è stato un piacere lavorare per mettere insieme
un racconto teatrale che ricostruisse questa storia: “Il Battaglione Bosniaco.
Carzano, 1917: il Grande Tradimento” è storia di uomini, di debolezze, di
errori, di tradimenti…vicenda umana, prima ancora che fatto di guerra.
Lo spettacolo è stato presentato presso il Forte di Valledrane, a Treviso
Bresciano, e poi anche a Carzano, sui luoghi dell’evento e per il 2018 sarà la
proposta per celebrare il centenario della fine della Grande Guerra.
Ci abbiamo provato, abbiamo messo in questo racconto tutta la carica emotiva
che questa storia ha lasciato in eredità anche a noi, abbiamo lasciato che i
passi di quei soldati risuonassero nelle nostre orecchie, battessero all’unisono
con il nostro cuore, abbiamo “vissuto” con loro l’angoscia, la paura, la rabbia…
Abbiamo provato a ripercorrere una vicenda vecchia di 100 anni, dandogli spazio
e Memoria…chissà se saremo riusciti a regalare qualcosa di davvero utile agli
spettatori, uno sguardo attraverso un mondo che cambia sempre per non cambiare
mai, un popolo, quello italiano, che riparte sempre dai propri errori per ripeterli
sempre allo stesso modo, una storia che, ottusa, ritorna periodicamente sui
propri passi.
Lo giuro, ci abbiamo provato!
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