mercoledì 15 luglio 2020

UNA BUSTA DI SPERANZE E DELUSIONI

Amantea è una splendida cittadina sul Tirreno, con una Rocca interessante, con la Sila alle spalle a incorniciare un paesaggio blu di mare…è un luogo tranquillo, con meravigliose pasticcerie, accoglienti ristoranti…con persone gentili e disponibili…ho ottimi ricordi dei miei soggiorni li, seppur brevi…
Sono rimasto stupito, dico la verità, quando ho sentito delle proteste dei cittadini amanteani nei confronti di un gruppo di immigrati trasferiti in un edificio del paese.
Ammetto anche di essere stato un po’ deluso: sarà forse un luogo comune, ma mi sono sempre sentito dire come noi del nord, ancora di più i bergamaschi, siamo gente fredda, schiva, poco propensa al calore nei rapporti e all’accoglienza nei confronti di chi arriva “da fuori”…e tutto sommato è vero…ma ho sempre anche sentito gente del sud affermare con orgoglio, invece, del loro calore, il loro carattere solare, la loro accoglienza praticamente totale…
Ebbene, le notizie che arrivavano domenica dalla Calabria mi hanno lasciato un po’ così…però ho voluto provare ad approfondirle e a ragionarci con la mia capoccia.
Innanzitutto ho visto un “assembramento” di un centinaio di persone che si lamentavano, poi un servizio del TG mostrava nella sala teatrale una riunione in cui la commissione prefettizia spiegava la decisione e la gestione dell’operazione: li c’erano una quarantina di persone piuttosto agguerrite.
Io non so se tutte le persone che io ho visto protestare siano proprio di Amantea (ricordo qualche anno fa una protesta simile in un paese vicino al mio dove molti dei “ribelli” erano dei paesi limitrofi) e mi chiedo anche se la presenza delle telecamere abbia influito a regalare qualche minuto di notorietà a qualche bellimbusto.
Di certo si può fare una valutazione numerica: ammesso che quelli che ho visto io fossero persone diverse tra le proteste all’aperto e quelli al teatro, sono un centinaio, più una quarantina; ammesso che io li abbia  sottodimensionati, potrei anche raddoppiarli, arrivando a 280 persone.
Facciamo che chi era in strada era solo una parte degli “scontenti”, raddoppiamo ancora i numeri, arrivando a 560 persone in rivolta per la situazione; ebbene, Amantea conta più di 14mila abitanti: questo significa che meno di un venticinquesimo degli abitanti era in protesta, quindi sentire i telegiornali che parlano di “Paese in rivolta” è quantomeno grottesco.
Aggiungo che nelle immagini e nei video che girano, si vedono molti dei “ribelli” assembrati senza mascherina, o con la stessa posizionata male (tipo a mò di girocollo, che è come non averla…come girare in moto con il casco sul braccio…), ed è piuttosto curioso, visto che per non dire che non apprezzavano il colore della pelle dei migranti, lamentavano il fatto che fossero positivi al CoVid, ancorché asintomatici: se c’è paura di una malattia si cerca di usare tutte le armi per prevenirla, mi sembra.
Amantea, tra l’altro, ha una percentuale bassissima di immigrati (circa 300 persone, poco più del 2% della popolazione), quindi non posso pensare che la gente possa sentirsi “esausta” di chissà quale situazione.
Dopo un paio di giorni gli “ospiti” sono stati mandati al Celio, l’ospedale militare: mentre salivano sul pullman che li portava via, ognuno, al posto di lussuose valigie, con una busta di nylon con dentro le loro povere cose, tutto ciò che rimane loro, sembrava impossibile non pensare alla vita di ciascuno di loro, lontani da casa, in cerca di una speranza di vita migliore per loro e per le loro famiglie…lontani dagli affetti, dalle famiglie, dagli amici, scacciati e reietti come mostri, in silenzio e a capo chino, non hanno reagito all’odio che è stato versato loro addosso, non hanno sbraitato, urlato, insultato come hanno, invece, visto fare negli ultimi giorni: sembrerà assurdo, ma hanno “porto l’altra guancia”, loro, provenienti da un Paese islamico, ci hanno dato una lezione di Vangelo, prima di andarsene.
Ora c’è da scommetterci che sulla vicenda scenderà il tragico silenzio stampa, quello che arriva dopo le urla esagerate di una notizia-non-notizia che serve solo a qualcuno e cannibalizza ogni cosa.
Quello che rimarrà saranno due immagini: la prima vede gli immigrati che risalgono sul pullman con un sacchetto pieno di speranze e delusioni, la seconda è quella che condannerà Amantea a essere identificata come la città che non ha accolto, che ha scacciato, che ha rifiutato.
Penso che sia beffardo il fatto che una città che si chiama AMAntea sia passata alle cronache per un episodio di intolleranza, di xenofobia, di inumanità, anche se continuo a sperare che la stragrande maggioranza degli AMAnteani abbia mantenuto fede alla propria origine.
Sant’Agostino, nordafricano accolto con favore a Roma, diceva “AMA e fa ciò che vuoi”: sarebbe bello ricordarcene, ogni tanto…

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