giovedì 11 ottobre 2018

Historia magistra vitae…?

Memoria.
Forse mai come in questi anni si fa urgente dare sempre nuovi significati a questo termine.
Bistrattata, sbeffeggiata, sconfessata: la Memoria è oggetto ogni giorno di attacchi più o meno meschini, da parte di chi ha esigenza di ricoprire, di mascherare, di “rileggere” a modo proprio, per il tornaconto del partito, dell’idea, della fede.
“Revisionismo”, in questi anni ha sostituito in modo preoccupante il termine “Memoria”, e quel che è peggio, ne ha sostituito il valore: “revisionare” la Shoah, le stragi degli anni di piombo, i massacri compiuti da questo o da quel movimento, da questo o quel paese, da questo o quel “cane sciolto”…rivederlo o utilizzarlo per perorare la propria causa, il proprio pensiero, il proprio orticello…
“Historia magistra vitae” è un’espressione che non trova più radici nel nostro presente ed è un inquietante ossimoro: il fatto stesso che sia una locuzione latina la fa sembrare come qualcosa di antico, di decadente, di superato, come se 2070 anni di storia (tanto è passato da quando Marco Tullio Cicerone l’ha pensata, scritta, regalata a una umanità ingrata…) si possano cancellare in pochi anni, distrutti da un’ignoranza sempre più arrogante  e dilagante, dove chiunque può affermare tutto e il contrario di tutto senza pensare a quanto, a volte, fiumi di parole vuote possano seppellire le parole di verità, di Memoria, di bellezza che il passato, la storia, ci ha regalato.
E’ questa la battaglia che quotidianamente e con i miei piccoli e scarni mezzi, con la pochezza delle mie modeste capacità, con la volontà di non arrendermi alle brutture che quotidianamente vedo e vivo, provo a combattere.
Una battaglia fatta di sussurri che combattano le urla e gli strepiti con la bava alla bocca, una guerra fatta di parole e pensieri che sovrastino gli slogan facili e stupidi, una lotta fatta di ricordi, di ricostruzioni e di documenti che si oppongano alla facile soluzione del rimuovere il passato.
Il lavoro da fare è tanto, faticoso, spossante ma esaltante: tre ore su un palcoscenico sono soltanto la punta dell’iceberg del lavoro. Ogni singolo spettacolo, ogni racconto è frutto di mesi di studio, di approfondimento, di ricerca di fonti, di materiali, di ragionamento su quello che possa servire per rendere onore alla verità dei fatti. E poi contatti, telefonate, riunioni, sopralluoghi, documentazioni, burocrazie (a volte folli!)…ricordo una serata che ha avuto necessità di ben due anni e mezzo di lavoro per essere organizzata…e ancora: è necessario un investimento economico, denaro che esce dalle tasche senza sapere se mai sarà reintegrato…
Molto di questo lavoro, di questo impegno, di questa passione, ha dato frutto oggi, in questo autunno che ingrigisce, con un calendario di spettacoli, di racconti, di frammenti di Memoria.
Un totale di sette serate, per tre differenti schegge di Memoria, tutte sul territorio bergamasco e questo mi fa piacere: Bergamo è sempre stata la mia casa, ma non sempre è stata accogliente e ricettiva nei confronti della Memoria o forse non è sempre pronta ad investire sugli outsider (come sono stato definito in un articolo di qualche anno fa) puntando sui grandi nomi che fanno grandi numeri.
Si comincia venerdì 12 ottobre nella palestra di Borgo di Terzo, dove, in occasione della presentazione della locale sezione della Protezione Civile, presenterò il racconto di Paolini e Vacis “Vajont, 9 ottobre ’63 – Orazione Civile” a pochi giorni dal 55° anniversario. Durante la serata ci sarà il Coro Alpini Valcavallina che presenterà alcuni brani e ci sarà la testimonianza di Federico Abrati, alpino di Bolgare che nel ’63, militare di leva, fu mandato a Longarone per scavare nel fango. Ci sarà anche una esposizione di fotografie che racconteranno per immagini quei tragici giorni.
Sabato 13 si replica ma in un luogo molto suggestivo: l’Ex Carcere di Sant’Agata in Città Alta, con l’organizzazione del Maite – Bergamo Alta Social Club. Un luogo che parla di dolore, di lacrime, di reclusione, di redenzione: come fu Longarone in quegli anni.
Tra fine ottobre e inizio novembre, poi, si terranno le celebrazioni per il centenario della fine della Grande Guerra: 100 anni da quando il mondo fu liberato da una follia che l’aveva alleggerito di 24milioni di esseri umani in 4 tragici anni.
Il Battaglione Bosniaco – Carzano 1917: il Grande Tradimento” è un monologo scritto a sei mani da me, dallo scrittore Daniele Zanon (che si occupa anche di accompagnare il monologo con la musica delle sue fisarmoniche e armoniche) e dallo storico Valerio Curcio e ricostruisce la vicenda passata alla storia come “Il Sogno di Carzano”, un episodio di guerra avvenuto sul fronte trentino pochi giorni prima della rotta di Caporetto e che avrebbe potuto cambiare lo svolgimento stesso del conflitto, risparmiando, magari, qualche milionata di vittime.
Sabato 20 ottobre le vicende del Maggiore Pivko e del Maggiore Lalatta saranno presentate per la prima volta in provincia di Bergamo (dopo 6 repliche tra Trentino, Veneto e Piemonte) nella Sala della Comunità di Bottanuco, mentre il sabato successivo, il 27, saremo in scena nella Sala Consiliare di Cene.
Sabato 3 novembre, vigilia della data fatidica, la trascorreremo facendo Memoria nella Sala Conferenze della Biblioteca di Gandino, mentre il successivo venerdì, 9 novembre, chiuderemo la stagione presso il salone della Scuola Materna di Bonate Sotto.
Infine, per chiudere la stagione autunnale, si farà Memoria in un modo particolare, come nemmeno io avevo mai fatto.
Insieme ad un gruppo di artisti straordinari, di eccellenti musicisti, abbiamo costituito negli scorsi mesi il gruppo “Genti Diverse – Officina Musicale” e sabato 24 novembre al Teatro Qoelet di Redona porteremo per la prima volta in scena, in anteprima assoluta, uno spettacolo-concerto dal titolo “La Buona Novella”, ispirato all’omonimo album di Fabrizio De André secondo gli arrangiamenti della Premiata Forneria Marconi: la “Prima” andrà in scena a gennaio 2019 per celebrare i 50 anni dalla pubblicazione dell’album e i 20 anni dalla morte di uno dei poeti più straordinari del nostro tempo.
Memoria, dunque: di ogni tipo e forma, raccontata attraverso parole, musica, sguardi, incontri…teatro, qui e ora.
Forse se fossimo più capaci di incontrarci di persona, qui e ora, di comunicare attraverso sguardi, parole, sorrisi, magari saremmo anche più “umani”, qui e ora, e la Memoria, il ricordo, sarebbe un esercizio quotidiano e meno complicato.
Historia magistra vitae…?

lunedì 4 giugno 2018

COSA CI MANCA???

Dopo la clamorosa esclusione da Russia 2018 il calcio italiano, e tutta la società con esso, si è scagliato contro Ventura, responsabile principe, poi su Tavecchio, incapace di fare le riforme ritenute necessarie, infine su tutto il “sistema”, sul fatto che manchino le squadre B, che le grandi squadre non facciano giocare gli italiani, che i settori giovanili (improvvisa scoperta!!!) non formano i giocatori per educare campioni…tante, tante, troppe parole sono state spese…
In questi mesi, poi, si è assistito al peggio del mondo calcistico italiano, con un’indegna bagarre di poltrone, di scontri sul nulla, di giochi di potere senza costrutto…e nel frattempo il ranking FIFA ha sprofondato l’Italia di ben 10 posizioni  rispetto a due anni fa, superata da nazionali come Tunisia, Perù, Svizzera, Colombia, Messico…persino da Olanda e Cile che, come gli azzurri, hanno fallito l’approdo al Mondiale…
Ora si sta tentando di ripartire ed è proprio questo il momento in cui ci si trova a tirare un po’ di somme e per l’italico pallone c’è ben poco da stare allegri: l’Italia, dopo lo scioccante 0-0 di San Siro con la Svezia, ha vinto una sola partita, in amichevole contro la modesta Arabia Saudita (e pure con non poca fatica…) negli ultimi 7 mesi: due pareggi e due sconfitte che, se allungate all’ultima vittoria italiana (9 ottobre 2017, in Albania), portano a uno score di 6 gare, 3 sconfitte e tre pareggi, con 5 reti realizzate e ben 9 subìte.
In tutto questo la domanda più facile da fare sarebbe: qual è la differenza tra noi e gli altri Paesi “del nostro livello”?
La domanda in sé è molto semplice, ma di risposte se ne potrebbero trovare a decine e ognuna mette in disperata luce il fallimento del calcio italiano degli ultimi 20 anni (almeno!!!), anni in cui si sono scialacquati miliardi per comprare calciatori di dubbio talento, si è fatta la voce grossa con ragazzini per rinforzare settori giovanili senza il problema di formarli e crescerli, si è spolpato le società senza costruire il futuro ma facendo pianificazioni che andassero non oltre i due anni, non si è mai investito in infrastrutture, centri tecnici, formazione per allenatori ed educatori, si sono elevati a fenomeni giocatori poco più che discreti abbassando la qualità del “prodotto calcio” nel Paese, si è lasciato che i calciatori fossero rappresentati da agenti improvvisati, senza preparazione, genitori, fratelli, mogli…si è riempito le società di personaggi di facciata e senza una vera capacità né formazione…
Quindi torniamo alla domanda: cosa ci allontana dagli altri? Proviamo ad azzardare:
1-Per arrivare a 22 convocati per un paio di amichevoli (al netto di alcuni infortuni che, comunque, avrebbero estromesso giocatori anche dalla rassegna russa…) si è dovuto raschiare il fondo del barile della serie A, convocando giocatori di squadre retrocesse o appena appena salve, senza alcuna esperienza ad alto livello, senza abitudine a lottare per obbiettivi importanti…con tutto il rispetto per ognuno dei convocati…di contro, la Francia, ha potuto schierare una formazione composta da ragazzi anche più giovani dei nostri, ma con un livello ben superiore, visto che sono quasi tutti titolari di formazioni di alto livello (Tolisso al Bayern, Mbappè al PSG, Umtiti e Dembelè al Barcellona, Hernández all’Atletico Madrid…solo per fare qualche nome...);
2-Sempre in relazione ai convocati italiani, la Francia può permettersi di non convocare per il mondiale giocatori come Benzema, Rabiot, Lacazette, Coman, Martial, Payet, Kurzawa e Ben Yedder, schierando comunque una squadra molto ma molto competitiva…il Brasile può rinunciare a David Luiz, Alex Sandro, Hulk, Allan, Lucas Leiva, Felipe Anderson, Jonas e Rafinha…l’Argentina lascia a casa Icardi, Perotti, Gomez, Lautaro Martinez…l’ambizioso Belgio rinuncerà a Naingollan…il Portogallo farà a meno di Cancelo, Andrè Gomes, Eder e Nani…l’inghilterra scarta Wilshere e Lallana…la Germania campione in carica lascia a casa l’autore del gol decisivo 4 anni fa Mario Götze oltre all’appena recuperato Emre Can e a Sanè…infine la Spagna ha tolto dalla lista dei 23 gente come Suso, Marcos Alonso, Callejon, Morata, Javi Martinez, Mata, Fabregas, Sergi Roberto…
3-Tutte le nazionali più ambiziose hanno numerosi dei loro calciatori che giocano ad alto livello in altri campionati, arricchendoli ed arricchendosi. Gli italiani che giocano all’estero lo fanno in campionati minori o in squadre di basso livello: Balotelli fa benino in Francia ma in una squadra di metà classifica come il Nizza, Criscito gioca da anni nel campionato russo e con un rendimento europeo non eccelso, Darmian è uscito dalle grazie di Mourinho allo United, mentre Zappacosta è forse quello con il rendimento migliore come Zaza, rilanciatosi a Valencia; Gabbiadini, dopo essersi intristito a Napoli, ha fatto bene a Southampton dove si è salvato al fotofinish, mentre Raggi è ormai a fine carriera a Monaco e Verratti non riesce a prendersi in mano il centrocampo azzurro dimostrando una continua mancanza di personalità. Il resto è un plotone di ragazzi che sta facendo esperienza e di cui ci siamo un po’ dimenticati: in ogni caso poco potrebbero offrire alla nazionale i vari Donati, Soriano, Caldirola, Bonera, Sansone, Ogbonna, Aquilani, Longo, Motta, Okaka, Bocchetti, Pellè, Lanzafame, Battocchio…
4-I settori giovanili sono pieni di ragazzi che le società vanno a scovare per 4 soldi all’estero, mentre in altre nazioni, in Francia, Germania, Belgio, Portogallo e non solo, ci sono migliaia di ragazzini originari di altri Paesi, altri continenti, ma nati sul territorio nazionale o figli di immigrati con diritti che in Italia non siamo capaci di regolamentare, che vengono cresciuti nei settori giovanili e andranno poi a rinforzare, non solo le squadre di club, ma la stessa nazionale del Paese che li ha “adottati”. Molti dei ragazzi che, invece, cresceremo nei nostri vivai con un importante impegno economico, saranno poi inutilizzabili per i colori azzurri e andranno, piuttosto, a rinforzare le fila dei nostri avversari.

5-Ora che finalmente abbiamo un governo del pallone si stanno applicando le tanto agognate “riforme”, in ritardo di secoli rispetto agli altri Paesi e con la certezza che risolveranno i nostri problemi…a partire dalle famose “Squadre B”, che sembra il progetto più urgente e avanzato. Ebbene, si è deciso che saranno squadre “Primavera” iscritte al campionato di Serie C…poniamo il caso che almeno 12 squadre di Serie A iscriveranno le loro compagini, ne uscirà un campionato in cui le squadre “Primavera” si sfideranno tra loro come in un vero campionato “Primavera” con solamente qualche eccezione…ma i giovani non imparerebbero di più a giocare in squadre composte da elementi più esperti, gente di età, ruoli, temperamenti, provenienze differenti? Certo, si tratterebbe di fare un lavoro molto faticoso di tesseramento di molti giovani da prestare ad altre società, decine di ragazzi da seguire in tutta Italia (o anche Europa, perché no???) ogni settimana per verificarne la crescita umana e tecnica, intrattenere rapporti con diverse realtà sportive, vagliare, trovare e curare società affidabili nei quali far crescere i giovani (peraltro, le piccole realtà che potrebbero entrare in contatto con le “grandi” avrebbero la possibilità di crescere e prosperare, limando le differenze che esistono…)…lavoro faticoso, certosino, impegnativo e dispendioso, certo, ma anche più redditizio, come già fanno diverse società più lungimiranti come Atalanta, Juventus, Fiorentina, Roma…ma anche Ajax, Real Madrid, Anderlecht, Chelsea, Benfica… 

Come già scritto e ampiamente spiegato, le risposte possono essere decine e queste sono solo un esempio: il succo è che per crescere non basta cambiare il Presidente Federale, né il CT e neppure qualche regola sparsa (che a volte sembra più un dare il contentino a qualcuno, far vedere che qualcosa si muove, ma senza la giusta convinzione…): la crescita deve essere di tutto il movimento, compresi i tifosi, i giornalisti, i sedicenti esperti…dovremmo imparare l’umiltà di capire che gli altri crescono mentre noi retrocediamo, che l’Islanda dello scorso Europeo non è stata un caso, ma il frutto di una crescita intelligente e collettiva, che gli altri, spesso, sanno fare meglio di noi. E in base a questo reagire, fare quadrato e rialzarci…tutto questo in un Paese diviso come mai prima, dove si pensa più alle poltrone che alla crescita, dove è quasi impossibile governare, dove si fanno leggi per poterle infrangere, dove dominano la corruzione e la disonestà…
Tanti auguri, povera Italia…

 

 
 

martedì 1 maggio 2018

IL DEFAULT MORALE

Viviamo in un paese che è al 62° posto mondiale per libertà di stampa, da 5 anni non abbiamo un governo eletto democraticamente e oggi, a quasi 60 giorni dalle tanto agognate elezioni, siamo vicini ad avere un governo quanto ad andare sulla Luna…abbiamo una disoccupazione giovanile al 31,2% (persino il Portogallo è messo meglio…), un potere d’acquisto che è sceso in modo drammatico dagli anni ’60 ad oggi fino ad
arrivare a soglie preoccupanti, un mondo del lavoro fatto di contratti capestro e stipendi al ribasso al limite di una nuova schiavitù, una pressione fiscale che arriva al 63% a fronte di servizi sempre meno ricchi ed efficienti, un sistema scolastico sempre più in difficoltà…le strade delle nostre città sono zeppe di buche e crateri, più o meno ogni comune lotta quotidianamente contro la questione dei rifiuti (che ancora non hanno un vero e proprio progetto economico-politico di gestione virtuosa a livello nazionale…), siamo ricoperti da discariche più o meno abusive e quotidianamente emergono notizie di smaltimenti criminali di rifiuti tossici o nocivi…
Abbiamo le strade piene di Schiave del Sesso, le piazze zeppe di “barboni”, una questione immigrazione complessissima da risolvere, un esercito di ragazzini senza futuro e senza speranza, una proliferazione di dipendenze (da droghe, alcool, ma anche dal gioco d’azzardo…) che nemmeno negli anni dei figli dei fiori…siamo il paese dove una Trattativa tra lo Stato e la Mafia ha aperto una lunga stagione politica eliminando senza troppi problemi grandi uomini di Stato, dove le sentenze che confermano che la nascita di un partito politico è avvenuta in ambienti mafiosi scivolano via senza lasciar tracce invece di scatenare proteste e cortei…siamo il Paese che non vuole trovare la Verità sulla morte dei suoi onesti cittadini che hanno avuto la sfortuna di trovarsi a Portella Della Ginestra, sull’aereo di Ustica, sul Rapido 904, sotto l’ondata del Vajont, nella Banca dell’Agricoltura di Piazza Fontana…
Siamo tutto questo e molto altro, un Paese fatto di bellezze e contraddizioni, un capolavoro della natura che stiamo scempiando ogni giorno…abbiamo un territorio quasi interamente a rischio sismico e senza una regolamentazione riguardo ad un’edilizia che sappia mettere in sicurezza le persone, città dove ad ogni scroscio di pioggia si contano i danni e le vittime, di fiumi inquinati e di mari trasformati in discariche…
Siamo un Paese di millenni d’Arte che non sappiamo gestire, con i resti di Pompei ridotti a ruderi pericolanti, i Fori Imperiali di Roma sempre più decrepiti, musei a prezzi esorbitanti e poco accoglienti, investimenti in cultura sempre più striminziti, un popolo di cittadini che non legge più, un parco spiagge in mano a concessionari che pensano solo a guadagnare e non alla cura della natura a loro affidata…
 
Abbiamo la Terra dei Fuochi, la scottante situazione dell’ILVA e dei cittadini di Taranto che muoiono di inquinamento in un Paese che ha visto i drammi dell’Eternit, città invase da traffico e inquinamento, ferrovie a binario unico per il passaggio di due treni…c’è la mafia, la camorra, la criminalità diffusa in modo capillare su tutto il territorio, un’evasione fiscale da 111 miliardi di euro l’anno…
Siamo tutto questo e molto, molto, molto altro…
In tutto questo la questione principale sui tg, sui giornali, sui siti e sui social, senza alcuna distinzione, è l’arbitraggio di una partita di calcio, per la quale si legge sdegno, proteste, vendette, minacce, persino interrogazioni parlamentari…peraltro in una stagione in cui il nostro calcio ha vissuto il peggior fallimento degli ultimi 60 anni, un fallimento che ha messo in mostra la povertà del movimento in Italia, senza programmazione, senza idea tecnica, senza politica di crescita…
Ci meritiamo davvero la penosa classe politica che abbiamo, ci meritiamo l’ignoranza che dimostriamo ogni giorno, ci meritiamo di essere presi in giro dai ricchi e potenti del Paese e di essere sbeffeggiati dal resto del pianeta, ci meritiamo il default morale che stiamo inseguendo e che, se non svoltiamo con decisione, ci seppellirà senza troppi, ulteriori, avvertimenti.
 
 


martedì 27 marzo 2018

LA CRISI DEL VENTUNESIMO

Italia 21esima nella classifica del Ranking FIFA.
Beh, l’eliminazione dal Mondiale non è stata effetto di due sciagurate partite, ma di un declino che il mondiale 2006 aveva solo mascherato con un exploit estemporaneo…dopo di allora due eliminazioni nella prima fase contro squadre non trascendentali (per non dire modeste), due europei in chiaroscuro e una serie di prestazioni mai convincenti.
La crescita dei giovani è ben lontana dai fasti del passato, proprio mentre le nazionali di vertice crescono in modo esponenziale e molte nazionali di seconda e terza fascia ci stanno superando in termini di programmazione, pianificazione, appeal internazionale e tecnico.
Non è un caso che l’Italia sia ora preceduta da nazioni come Cile, Perù, Tunisia, Messico, Islanda, Danimarca, Svizzera, persino l’Olanda che ha appena chiuso un quadriennio da incubo!
Non è un caso che nelle eliminatorie per Russia 2018 l’Italia abbia chiuso con 21 reti realizzate, che, ripulite dei 9 centri messi a segno contro il Liechtenstein, si trasformano nel misero bottino di 12 centri in 8 gare, incontrando avversari del calibro di Albania, Israele e Macedonia. Un solo gol realizzato in 180 minuti contro l’unica avversaria di livello del girone (la Spagna) e zero in due sfide nel play-off contro una squadra non imbattibile come la Svezia.
Gli azzurri non hanno segnato per 375 minuti, dal gol di Candreva in Albania e l’ultimo gol di un attaccante risale a settembre 2017 con Immobile contro Israele. Il gol di Insigne contro l’Inghilterra è arrivato solamente su un calcio di rigore concesso con l’ausilio del VAR che, in termini di regolamento, non avrebbe dovuto esserci.
Eppure abbiamo Belotti che è valutato (non si sa da chi a questo punto) 90 milioni, tanto vale la clausola rescissoria, abbiamo Immobile che sta segnando vagoni di reti tanto da essere in corsa per la Scarpa D’Oro, abbiamo Insigne che è considerato un fenomeno, abbiamo Verdi per il quale lo squadrone del Napoli era pronto a fare follie solo due mesi fa, c’erano Eder e Gabbiadini…
Il problema della squadra è palesemente in attacco, eppure i commenti del popolino in queste settimane vertevano sull’inopportunità della presenza di Buffon in queste due amichevoli.
Al di la dei meriti concreti, ci si lamenta che i nostri giocatori non abbiano esperienza ad alto livello o internazionale, ma per i portieri evidentemente è diverso…guardiamo le nostre squadre principali per cercare di capire di più: il Napoli, che pare sia la squadra di riferimento nel nostro campionato, schiera uno spagnolo e ha un brasiliano come riserva, la Roma ha un brasiliano, un rumeno e un polacco, l’Inter ha uno sloveno (le riserve italiane giocano, forse, una partita all’anno), la Lazio ha un albanese e un croato, anche l’Atalanta ha un albanese; queste sono le squadre di alto livello in Italia e che hanno giocato le coppe europee. Dopo di loro ci sono Sampdoria, Fiorentina, Torino, Bologna e Udinese, tutte che schierano portieri italiani molto altalenanti (forse l’unico più costante rimane Sirigu, ma anche lui è in fase discendente di una carriera che non ha mai convinto fino in fondo), giusto per stare sui richiesti “buoni livelli”, e Perin non è mai realmente cresciuto, rimanendo un buon portiere, elastico e reattivo tra i pali ma imbarazzante quando tenta di uscire; inoltre il fatto di non essersi mai allontanato dal Genoa, dove ha potuto giocare per la salvezza e senza competizioni internazionali, non lo ha certo favorito nella crescita.
L’unico possibile è di certo Donnarumma che, però, sembra essere un po’ rimasto il bravo giovane portiere di due anni fa: anche lui ha un rendimento peggiore rispetto all’anno dell’esordio…le chiacchiere e i capricci del suo procuratore e suoi direttamente non lo stanno certo aiutando, anzi: sta sentendo sempre di più il peso di “dover” essere il portiere di riferimento per l’Italia, succedendo a uno come Buffon (che a 39 anni è stato ancora eletto miglior portiere della Champions League, davanti a gente come Neuer, Navas, Subasic, Ter Stegen, Oblak…).
Per il suo bene spero che l’anno prossimo non vada a farsi ricoprire d’oro ai piedi della Tour Eiffel: se vuole veramente crescere dovrebbe sperare in altre piazze, tipo Barcellona o City, oppure restare al Milan, dove è un dio e qualsiasi errore, in campo o fuori, gli verrebbe perdonato…
Di certo, tornando alla questione più generale della Nazionale, il problema non è l’attacco, né la difesa, né il portiere e nemmeno il CT: il problema è che stiamo tentando di usare la Nazionale per far credere che i problemi sono in risoluzione, ma la questione dovrebbe essere esattamente agli antipodi!
Per uscire dal tunnel nel quale si è infognata la Federazione, e per estensione tutto il movimento, dovrebbe davvero strutturarsi con serietà e per il bene reale del calcio, evitando il penoso balletto degli ultimi mesi dove si è cambiato tutto per non cambiare niente: questo se veramente c’è la volontà di risalire la china da quell’ignominiosa 21esima posizione.

mercoledì 7 marzo 2018

EROI, VERI O PRESUNTI

 
 
Naturalmente, ed è uno dei tormentoni post-elettorale, gli italiani non sono razzisti, la stessa lega sta sventolando l’elezione del suo militante Toni Iwobi come un vessillo al suo non-razzismo.
Peccato che chiudere gli occhi non sia una buona soluzione, non aiuta a risolvere i problemi reali, non contribuisce a leggere nel modo corretto i tempi che stiamo vivendo.
Proviamo a leggere i segni di questo momento complesso della nostra Storia.
Un invasato militante di casapound di Macerata, candidato per la lega nord senza prendere nemmeno un voto (ora, almeno il suo doveva prenderlo…cioè, nemmeno lui ha votato per sé stesso…com’è possibile?) spara a caso contro ignari passanti, tutti di colore, sfiorando una strage degna dei peggiori massacri Made in USA…
Un uomo depresso e desideroso di suicidarsi per motivi economici, esce con una pistola (mai visto uno che per spararsi esce e va in mezzo alla folla…di solito uno lo fa nella solitudine dei propri luoghi…) e, mentre cammina, cambia idea: capisce che per risolvere i suoi problemi economici gli basta farsi arrestare e mantenere in galera…allora cosa fa? Estrae la pistola e spara sei-colpi-sei contro un uomo…uno a caso? No, naturalmente: un senegalese, un ambulante che stava lavorando onestamente per mantenere sé stesso e la sua famiglia…ora, se fosse che ha scelto proprio lui sarebbe grave, ma se avesse sparato a caso, sarebbe ancora, e molto, peggio!!! Significherebbe che, davvero, agli occhi suoi e di altri, troppi altri, un essere umano dalla pelle nera, proveniente o originario dell’Africa, ha meno valore di uno bianco o italiano, meno importante di una famiglia italiana (che, secondo lui, avrebbe risparmiato perché impietosito…).
Incredibile in mezzo all’assurdo: Idy Diene, ucciso senza pietà a Firenze, era sposato con
Rokhaya Kene Mbengue. Nel 2011 Rokhaya era sposata con Samb Modou, assassinato da un militante di casapound nella strage di Firenze del 13 dicembre 2011: due volte vedova in pochi anni, sempre per omicidi per mano di lucidi folli “bravi ragazzi”.
Si, lui, l’assassino di Idy, era una brava persona, incensurato, detentore regolare di tre pistole e due fucili, il vicino di casa di chiunque.
Infine, ed è storia di poche ore fa, il sindaco di Ventimiglia, Enrico Ioculano, ha ricevuto l’ennesima minaccia di morte a sfondo razzista, scritta da qualche invasato semianalfabeta:
Sindaco, basta negri! Capisco che implicitamente danno una mano all’andrangheta che tu – da buon calabrese – sostieni. Ma noi ne abbiamo le scatole piene!
Scippi, violenze, spese per mantenere spacciatori e prostitute. L’Italia agli italiani! L’eroe di Macerata insegna. Anche Ventimiglia avrà la sua strage con te in testa e una decina di “sporchi negri”. Contaci! Un eroe vendicatore”.
Ora, se fossimo in un Paese normale, questa notizia sarebbe tra le principali di ogni notiziario, per la sua gravità, avremmo visto il Ministro dell’Interno portare solidarietà al Sindaco di Ventimiglia, avremmo avuto tutto il mondo politico schierato in favore di Ioculano, ci sarebbe stata una richiesta di protezione per il rappresentante dello Stato sul Territorio (che altro il Sindaco non è…)…e invece: silenzio!
Ma c’è anche un altro aspetto in questa vicenda davvero penosa, quasi incommentabile: siamo il Paese di Falcone, di Borsellino, di Graziella Campagna, di Ninni Cassarà, di Pippo Fava, di Carlo Alberto Dalla Chiesa, di Nicola Calipari, di Libero Grassi, di Don Pino Puglisi…e non solo…sentire qualcuno che definisce un pazzo che nella sua lucida follia tenta di sterminare quanti più esseri umani possibile, sentire qualcuno che lo definisce “eroe”, come qualche anno fa un uomo tra i più potenti in Italia definiva come “eroe” Vittorio Mangano, “
testa di ponte dell'organizzazione mafiosa nel Nord Italia”  (P.Borsellino, 1992), capomandamento della Famiglia di Porta Nuova tra il ’92 e il ’93, gli anni delle stragi, condannato per duplice omicidio, estorsione, traffico di stupefacenti…
Ecco, se personaggi del genere vengono definiti “eroi”, se nessuno si scandalizza per questo, se non scendiamo in strada per far sentire la nostra voce di fronte a queste nefandezze, di fronte al più che evidente razzismo che sta travolgendo il nostro Paese (ma tutta la nostra Povera Vecchia Europa…), se lo strano sono io che preferisco definire come "eroe"
Rokhaya Kene Mbengue, due volte fatta vedova dai "bravi ragazzi" italiani, se preferiamo manifestare per una squadra di calcio o per una trasmissione televisiva, beh, allora, parafrasando Nanni Moretti: “Ce li meritiamo i cinepanettoni”…

domenica 11 febbraio 2018

IL POTERE DEI NOMI PROPRI

Curioso come tutti conosciamo il nome di un pazzo criminale che ha sparato contro ignari passanti, quello di una ragazza che è stata uccisa e smembrata e pure i nomi non semplici dei tre ragazzi nigeriani che hanno scempiato la povera diciottenne…eppure, in tutta questa pessima storia che sta facendo scivolare il nostro povero paese in una guerra sempre più cruenta tra poveri, per la soddisfazione dei ricchi politici che così possono rinsaldare ulteriormente il loro culo su sedie dorate, sono rimasti nel dimenticatoio i nomi, le storie, la vita delle 6 vittime della sparatoria, credo uniche vittime assolutamente innocenti di tutta la questione, vite sacrificabili sull’altare del razzismo e delle criminali divisioni che stanno insanguinando la penisola.
Tra i feriti c’è Wilson Kofi, 20 anni, cristiano del Ghana e con migliaia di chilometri già percorsi per trovare una nuova vita lontano dalla sua Accra. Quella mattina stava cercando un barbiere per sistemarsi, perché convinto che bisogna essere ordinati per andare a Messa, e invece, convinto di essersi lasciato alle spalle la miseria e la fame del suo Paese, ha trovato le pallottole di un criminale.
Arriva dal Gambia e ha 23 anni: Omar Fadera è un richiedente asilo (il Gambia è sull’orlo dell’ennesima guerra tra poveri con il Senegal) ed è stato fortunato: colpito solo di striscio è stato medicato e subito dimesso, ma con molti interrogativi che ancora lo pervadono.
Il più grave tra i feriti è Mahamadou Tourè, maliano di 28 anni: il Mali è un enorme Paese (più di quattro volte l’Italia) che per il 65% del territorio è occupato dal Sahara, dove l’aspettativa di vita è di 55 anni (peggio di lui solo altri 18 Paesi al mondo, tutti dell’Africa sub-sahariana oltre all’Afghanistan, curiosamente, visto gli enormi “aiuti” che abbiamo portato negli ultimi decenni a quella popolazione…), un Paese dilaniato dalla guerra, uno dei tanti conflitti dimenticati di uno dei tanti Paesi dimenticati; eppure Mahamadou, scampato alla guerra e a un viaggio infernale verso la speranza, la pallottola l’ha presa nella civile Macerata, senza aver capito da chi e perché. Le sue condizioni sono serie, con il proiettile che l’ha centrato al fegato.
Ci sono poi tre cittadini nigeriani, tra cui il più vecchio dei feriti, Festus Omagbon di 32 anni, trasportato all’ospedale di Ancona per la gravità della ferita al braccio sinistro; stava frequentando un corso per inserirsi nel mondo del lavoro, la speranza di un futuro che, finalmente, si stava concretizzando ed ora si complica maledettamente.
Gideon Azeke ha 25 anni e tanta voglia di dimenticare questo brutto episodio. Risulta ancora irregolare in Italia, per questo ha chiesto di essere dimesso subito, nonostante la ferita alla gamba rimediata quella mattina non sia proprio leggera.
Infine i tentativi di “vendetta” messi in atto un sabato mattina di inizio febbraio non hanno risparmiato nemmeno il gentil sesso: Jennifer Otiotio, nigeriana di 25 anni che si trovava con il fidanzato alla fermata dell’autobus, è stata centrata da un proiettile che le ha spaccato la spalla prima di uscire dalla parte opposta. Come tutte le donne che arrivano in Italia, specialmente dalla Nigeria, ha attraversato un vero inferno durato diversi mesi, fatto di chilometri percorsi, di paura, di fatica, di dolore, di violenze infine, spesso, di un nuovo inferno da vivere sulle strade del nostro paese a soddisfare clienti ogni notte, tra botte e sporcizia.
In mezzo a fiumi di parole, a servizi giornalistici spesso morbosi, a dichiarazioni vergognose di più o meno ogni componente del mondo politico italiano, ho trovato pochissimo riguardante loro, le vere vittime e tra tutte le parole spese in questa storia le più sensate sono quelle che ha più volte ripetuto Gideon Azeke ai giornalisti: “A chi mi ha aggredito vorrei chiedere soltanto due cose: perché lo ha fatto, e cosa ha contro di me?”.
 

sabato 27 gennaio 2018

MEDITATE...CHE QUESTO E' STATO

27 Gennaio...73 anni fa veniva "scoperto" il Konzentrazionlager di Oświęcim, a 60 km da Cracovia, portando agli occhi del mondo l'oscenità dell'Olocausto.
Da allora Auschwitz è sinonimo di orrore, di torture, di morte, di sterminio, tanto da rendere la data del 27 gennaio, Giorno della Memoria, perché nessuno dimentichi o possa dire che "tanto non è successo nulla".
In questa Giornata, al di la della retorica, voglio pubblicare un'analisi (o riflessione....) che ho fatto sul brano più celebre dei molti che costituiscono la bibliografia dell'Olocausto e che ho utilizzato per cercare di raccontare al pubblico la follia della Shoah.
Voi, che vivete sicuri nelle vostre tiepide case
Ora, immaginate questo giovane, 25 anni, rinchiuso in un campo di lavoro, dove vede i suoi “fratelli” consumarsi e morire, dove soffre il freddo, la fame, dove si muore di tifo, di dissenteria…
A chi mai potrà rivolgersi? Chi era l’umanità che poteva passare nei suoi pensieri?
Chi sono quei “Voi” a cui lui parla? L’umanità che costituiva il suo mondo era fatta da relitti umani a un passo dalla morte e da un popolo di persecutori senz’anima, un esercito di cani che abbaiavano e ammazzavano con la stessa facilità con la quale potevano sorridere.
In quella condizione di freddo estremo e senza riparo, parlare delle “Tiepide case” deve essere stata una pugnalata al cuore, una nostalgia infinita…vi è mai capitato di stare al freddo per una mezza giornata e non vedere l’ora di tornare a casa al calduccio? Immaginate di restarci tutto un inverno, giorno e notte, in un posto del Nord Europa, in una pianura spazzata da aria gelida, senza possibilità di sognare un ritorno “a casa”… Attenzione: non parla di case calde, ma tiepide, come se non riuscisse più ad immaginarlo il caldo, di poter arrivare al massimo a un “tiepido”…
Vita che non può più dirsi tale; sicurezza che non c’è più; vostra, la proprietà, in un luogo dove non si è più proprietari nemmeno della propria vita ma, anzi, ognuno è proprietà dei carnefici, cera molle tra le loro mani; la casa, un sogno infinito e forse irraggiungibile…
Voi, che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici
Cibo caldo e visi amici: dove il cibo non c’è e se c’è è osceno, e dove i visi che si vedono sono di cadaveri ambulanti o di aguzzini spietati.
Ma qui c’è una parola che grida vendetta più delle altre: “tornando”.
Si legge spesso nei racconti dei sopravvissuti: tutti in quella situazione sperano di tornare, ma la maggior parte di loro sa che non tornerà mai più. Anche perché tornare, significa arrivare al punto da cui si è partiti: e chi mai potrà tornare ad essere quello che era, anche uscendo da li?
Considerate se questo è un uomo
Uomo: nel senso più vero del termine…in  una situazione del genere, ma anche nel contesto storico di cui vi parlavo…non siamo più considerati uomini, ma bestie, oggetti…non è un caso che usi il termine “questo”: “Questo” si usa più per gli oggetti che per le persone…
Che lavora nel fango
In questa piccolissima frase, ci sono millenni di storia e tradizione ebraica: l’immagine del fango non riporta anche voi al maiale? E il maiale è l’animale impuro per eccellenza: chi ha a che fare con i maiali è impuro…ricordate la parabole del Figliol Prodigo? Il figlio che si ritrova a pascolare i porci…non è un’immagine a caso, ma il segno di aver toccato il fondo più assoluto, di essere uscito dalle grazie degli esseri umani (Gesù parlava agli ebrei in questa parabola).
Non c’è più un uomo, ma il più impuro, l’ultimo tra le creature.
Che non conosce pace, che lotta per un pezzo di pane
Come può essere “in pace” un uomo che lotta per un pezzo di pane? Come è possibile considerare “Vita” un’esistenza simile, dove quel poco che viene concesso dagli aguzzini per sopravvivere deve essere integrato dalla disperazione di rubare ad altri poveracci? Mors tua, vita mea...
Che muore per un si o per un no
Qui si respira tutta la precarietà dell’esistenza ad Aushwitz (e in tutti i Campi di Concentramento), dove ad ogni istante si poteva morire senza motivo, a partire dal momento dell’arrivo, quando, scaricati dai treni, i prigionieri venivano selezionati dagli staff medici: il loro “Si” o il loro “No”, significavano Vita o Morte…
Ma ogni attimo poteva essere l’ultimo, solo per la volontà degli aguzzini, senza considerare la fame, il freddo, la fatica, le malattie…
Considerate se questa è una donna
Attenzione: non è secondario che  un certo punto, Primo Levi non si riferisca più a un uomo ma a una donna…in una situazione simile mantiene la lucidità di pensare a una donna, magari ispirato a qualche donna da lui vista ad Aushwitz. Uomo e donna: forse è la massima manifestazione di umanità…come se volesse a tutti i costi trovare l’ultimo barlume di umanità, restarci attaccato con le unghie e con i denti, in una situazione che rappresenta il massimo della disumanità.
Senza capelli e senza nome
Non è solo il fatto che nel lager il nome scompare, e si è classificati solo attraverso il numero tatuato sulla pelle: nome significa appartenenza, nella cultura ebraica più ancora che nella nostra. Non è un caso che nel Genesi si dice che Dio invita l’uomo a “dare un nome” alle specie animali: le affida all’uomo perché il mondo stesso appartenga a lui.
E non solo: una donna quando si sposa cambia il proprio cognome (in alcune culture lo cambia proprio anagraficamente), in pratica da quel momento va ad “appartenere” al proprio uomo.
Una donna senza nome, ancor più di un uomo, è una donna senza identità, senza passato e senza avvenire.
E una donna ancor più di un uomo prende una sua identità, una sua originalità attraverso i capelli.
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Sentite la forza di questo brano: come se stesse parlando di cadaveri, senza ricordi, senza passato…occhi vuoti, senza vita…grembo freddo, come fosse morto. Il grembo in una donna significa Vita, la culla naturale della nascita. Avete mai visto quelle statue medievali di figure femminili, soprattutto della Madonna: con il ventre prominente, in una posizione poco elegante ma molto simbolica…il ventre spinto in fuori significa apertura alla vita, centralità alla rivelazione. Che contrasto con questo “Freddo il grembo”…
Come una rana d’inverno
Ecco, qui si può forse trovare la frase più criptica dell’intero testo…cosa significa?
La rana, in molte culture è segno di fertilità e rinnovamento: in inverno la rana non può figliare…
Una rana d'inverno mi fa pensare ad una donna nuda, tremante, inerme, deformata nel corpo, inespressiva, in attesa solo della morte inevitabile.
Meditate che questo è stato
Sembra una frase profetica: come se sapesse che qualche anno dopo ci sarebbero state persone che avrebbero negato tutto l’accaduto.
Non solo: Meditate che Questo è stato…questo è un uomo…coincidenza? E cosa vuol dire “è stato”? Solo “è accaduto”? E se fosse un “è stato e ora non è più”, modo aulico di definire un defunto…allora proviamo a traslitterare la frase: “Meditate, perché l’uomo è morto”. Anche se tornerà a casa, anche se dovesse sopravvivere…qualcosa in lui sarà morto…ma non solo l’internato, persino l’aguzzino: nei lager l’uomo, l’Essere Umano, ha perso la sua umanità…è scomparso lasciando spazio a un'altra creatura, senza anima né cuore…
Vi comando queste parole
Attenzione, perché qui inizia una vera e propria preghiera: anzi, la versione “cattiva” della Preghiera per eccellenza del Popolo Ebraico: lo Sh’ma Israel, un po’ come è per noi il “Padre Nostro”. Non è un caso se inizia questa formula con l’espressione “Comando”.
Provate a confrontarle:
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
E qui viene fuori la rabbia…fino ad ora era incredulità, depressione, arrendevolezza…ora diventa rabbia, cattiveria, quasi violenza! Ma non contro gli aguzzini, non contro i nazisti o i collaborazionisti, non contro chi ha perpetrato una delle peggiori atrocità della storia umana…
Questa è una specie di minaccia verso chi non saprà essere Testimone: Ripetetele ai vostri figli, ai vostri discendenti, perché nessuno possa dimenticare.
E’ come dire che la cosa davvero grave è dimenticare: quello che è stato è stato, ora l’importante è farne Memoria, anche se può costare fatica, dolore, amarezza.
O vi si sfaccia la casa
La casa è simbolo di sicurezza, di protezione, è persino sinonimo di Famiglia: è una Maledizione atroce, e non è un caso che questa frase venga prima di un’altra, grave, ma a quanto pare meno grave di questa.
La malattia vi impedisca
Noi diciamo sempre “L’importante è la salute”…qui non si parla solo di mancanza di salute, ma che addirittura arrivi una malattia che “impedisca”, cioè renda inabili…è brutto, ma ancora di più pensando alla tradizione ebraica, dove la malattia, la deformità, l’inabilità sono viste come castigo di Dio (esattamente come la prosperità e la salute sono considerati Doni di Dio). Ricordate quando i Discepoli, vedendo il cieco, chiedono a Gesù se fosse lui o i genitori ad essere peccatori???
I vostri nati torcano il viso da voi.
Beh, non c’è bisogno che ve la spieghi, no? Vorrei solo sottolineare una parola, quel “Torca”…sentite quale forza, quale violenza si manifesta in questa parola. Il verbo “torcere” è usato spesso in un’azione subìta, cioè qualcuno che torce a qualcun altro…qui è diretto: i vostri figli torcano (il loro viso) da voi…si provochino dolore fisico, si torturino pur di non meritare a voi il loro sguardo.
Provate a pensarci: qual è il quarto comandamento? “Onora il Padre e la Madre” (ovviamente i comandamenti cristiani derivano da quelli ebraici, dal libro del Deuteronomio)…qua si dice più o meno:
Se sarai tanto codardo da non ricordare, da non testimoniare ciò che è stato, sarai maledetto da Dio e persino i tuoi figli si vergogneranno di te; e si allontaneranno dal rispetto della Legge pur di mostrare a voi tutto il loro disprezzo.
Maledire è il massimo della punizione nella Bibbia…non è una cosa così leggera…è Dio che Maledice!
Non Dimentichiamo...mai!!!

venerdì 26 gennaio 2018

LE CENERI DI AUSCHWITZ

Il 27 gennaio 1945 il Primo Reparto della 60° armata del Generale Kurockin guidata dal maresciallo Ivan Konev arriva ai cancelli di un campo di prigionia; qui ci sono persone in fin di vita, mezzi morti di fame, freddo e fatica. Nel campo trovano circa 7000 persone ancora vive.
Tante…ma pensiamo che solo nel campo 1 si trovavano sempre circa 20mila prigionieri e li sono stati uccisi 70 mila esseri umani.
Si svela al mondo l’orrore di Oświęcim, a 60 km da Cracovia, che diventerà tristemente celebre con il nome tedesco AUSCHWITZ.
A 73 anni di distanza, stiamo vivendo un rigurgito mai visto finora di razzismo, di divisioni in classi sociali, di rifiuto di tutto ciò che è “altro”: si sta dividendo il pianeta in bianchi e neri, belli e brutti, giusti e sbagliati, cristiani e musulmani.
In ogni angolo delle nostre città, sui luoghi di lavoro, nei punti di incontro, in decine di trasmissioni televisive, nelle dichiarazioni criminose di certa marmaglia politica: il “diverso” è il nemico da eliminare, il motivo di ogni malessere, la causa di un mondo che sta imbarbarendo.
Forse oggi, più che mai, fortissimamente, diventa necessario fare davvero Memoria: Memoria di un fatto che non si è ancora esaurito, che si ripropone negli insulti razzisti, nell’educazione malata ai figli improntata al rifiuto del diverso, nelle leggi che discriminano, nella negazione di ciò che “è stato”.
Il pensiero di Primo Levi inciso sul Memoriale delle vittime italiane ad Auschwitz non è stato un sufficiente ammonimento per noi, generazioni future…e di questo tutti noi, si dico, ognuno di noi, dovrà risponderne davanti al tribunale della storia.
Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita.
Da qualunque parte tu venga, tu non sei estraneo,
Fa’ che il tuo viaggio non sia stato inutile,
che non sia inutile la nostra morte.
Per te e per i tuoi figli,
le ceneri di Auschwitz valgano di ammonimento,
Fa’ che il frutto orrendo dell’odio,
di cui qui hai visto le tracce, non dia nuovo seme
domani né mai!

giovedì 25 gennaio 2018

IL SIGNIFICATO DEL TERMINE “ABBORDABILE”

E se parlassimo un po’ del nostro disastrato calcio?
Si potrebbe anche fare, ma prima dovrei capire questa cosa: Italia eliminata dai Mondiali, quindi non tra le 32 migliori al mondo, fatta fuori da una nazionale considerata da tutti come modesta.
Se pensiamo che abbiamo fatto peggio di Islanda, Serbia, Svizzera, Danimarca (solo per stare tra le europee) e che guarderemo un Mondiale dove faranno bella mostra di sé Panama, Marocco, Iran, Corea del Sud, Senegal, Perù, Egitto…e che questo risultato arriva dopo due umilianti eliminazioni alla prima fase delle due precedenti edizioni, con lo scandaloso score di una vittoria (contro la derelitta Inghilterra), due pareggi (Paraguay e Nuova Zelanda) e ben tre sconfitte (Slovacchia, Costarica e Uruguay)…
Eppure continuiamo a considerarci come depositari del gioco del calcio, lodando il livello del nostro campionato, della nostre squadre, della nostra capacità organizzativa, dei nostri “fenomeni”…e il nostro ego è nutrito persino dall’UEFA che ha regalato al nostro modesto calcio un privilegio immeritato, niente di meglio che fare regali a chi non li merita per farlo crescere storto…
Doveva essere il punto zero, quel 13 novembre e invece dopo due mesi e mezzo siamo ancora qui senza quadri federali, senza CT, con una lotta per sistemare i soliti culi sulle solite poltrone…
E ora, ridotti di merda come siamo, eccoci a esultare per essere finiti in un girone della neonata Nations League (a proposito: ce n’era davvero bisogno???) con Polonia e Portogallo!!!
Secondo Lele Oriali ''Siamo capitati in un girone abbordabile, ben più agevole rispetto a quello precedente, per il Mondiale'' (fonte ANSA, 24-01-2018).
Il fatto che ignoriamo la questione che il Portogallo è campione d’Europa, che si è qualificato al Mondiale da prima del girone, vincendo 9 gare su 10, segnando 32 reti e subendone solo 4 (ricordiamo lo score azzurro? 7 vittorie e due pareggi, tra cui quello casalingo contro la Macedonia, 21 reti fatte e 8 incassate…), e dimenticandoci che la Polonia ha vinto agevolmente il suo complicato girone di qualificazione con 8 vittorie, un pareggio e una sola sconfitta (in Danimarca), con ben 28 gol fatti e con un insieme fatto da elementi come Lewandowski (16 gol in 10 partite di qualificazione…), Zieliński, Wszołek, Glik, Błaszczykowski, Linetty, Bereszyński, Szczęsny…una nazionale, quella polacca, che ha concluso lo scorso europeo da imbattuta, con solo due reti subìte e l’eliminazione solamente ai rigori proprio contro il Portogallo (nessuno ha spinto tanto avanti i lusitani, capaci di vincere ai supplementari con Francia e Croazia e nei regolamentari contro il Galles…)…
Il fatto che ignoriamo tutte queste cose, dicevo, è il motivo per cui il nostro calcio è in caduta libera e all’orizzonte non si vede nemmeno l’ombra di una microscopica ripresa…
Forse non è il caso di esultare, forse sarebbe meglio essere un po’ più umili, forse sarebbe il caso di rimboccarci le maniche e provare a lavorare per rendere davvero il calcio italiano quella meraviglia che tutti immaginiamo, se non vogliamo andare incontro all’ennesima, cocente, delusione.

giovedì 18 gennaio 2018

IL BATTAGLIONE BOSNIACO. Carzano, 1917: il Grande Tradimento

Anno Domini 2018…100 anni fa, nel 1918, aveva la sua conclusione una follia che la storia ha battezzato con il rassicurante nome di Grande Guerra, iniziata 4 anni prima con l’assassinio dell’Arciduca d’Austria Francesco Ferdinando ad opera del terrorista bosniaco di origini serbe Gavrilo Princip e alla successiva dichiarazione di guerra dell’Impero nei confronti del Regno di Serbia, il 28 luglio 1914.
1560 giorni di follia, 6000 morti al giorno nei combattimenti, più di 24 milioni di vittime tra civili e militari, 25mila chilometri di trincee solo sul fronte occidentale…senza contare che, nella parte conclusiva del conflitto e fino al 1920, con la popolazione stremata dalla fatica, dalla fame e dalla povertà, l’Influenza Spagnola, portata in tutto il mondo da contingenti degli USA dislocati in Francia, mieterà altre 50 milioni di persone (secondo le stime al ribasso…).
Questo fu il tragico finale di quella che è stata chiamata “Belle Époque”, un periodo di “risveglio”, di bellezza, di sogno, di speranza: dopo le guerre Napoleoniche l’Europa stava vivendo il periodo di pace e di stabilità politica più lungo di sempre e lo sviluppo culturale, economico, artistico, scientifico della Belle Époque sembrava inarrestabile (tralasciando le scellerate teorie che sarebbero state il germoglio di ideologie malate, capaci di distruggere il genere umano in quanto tale…).
Eppure, proprio nello splendore di un’epoca d’oro, ecco la brace di un’umanità bellicosa, popoli pronti al conflitto, alla volontà di indipendenza…
Quanti episodi hanno riempito i freddi numeri poc’anzi descritti? Quante vite hanno vissuto, combattuto, sofferto in quei lunghi anni? Quanti nomi sconosciuti, i nostri padri, nonni, bisnonni, potrebbero raccontarci vicende che non troveremo mai sui libri di scuola?
Quanti eroi senza nome hanno contribuito all’esito di questa follia? 
Penso allo splendido film di Monicelli, dove i due soldati definiti “meno efficenti”, quelli sempre pronti a evitare i pericoli e i lavori gravosi, si trovano davanti al colonnello austriaco e, per paura, orgoglio, pazzia, si lasciano fucilare in modo eroico piuttosto di rivelare i piani di resistenza italiani. Alla fine i due saranno considerati, dai propri comandanti ignari della loro sorte, come “i due lavativi che anche stavolta l’hanno scampata”.
Eroi dimenticai, ai quali la storia ha riservato una doppia beffa; episodi fondamentali, che l’oblìo della Memoria ha condannato a restare sepolti nel passato, a volte per caso, a volte per dolo.
Questa è la sorte capitata ai “Fatti di Carzano” del 18 settembre 1917, dimenticati perché scomodi, abbandonati perché imbarazzanti: in questo piccolo paese della Valsugana, dove correva il fronte trentino, è accaduto un episodio cruciale nella storia del conflitto, talmente importante da voler essere dimenticato per l’esito allucinante che lo ha accompagnato.
Nazismo e fascismo lo hanno ricordato fin troppo bene, abbastanza da metterlo a tacere per qualche anno; la follia della successiva Seconda Guerra Mondiale, con il suo carico di morte, orrore, odio, tanto pieno di episodi da non dimenticare, ha spazzato via tutto quello che non era stato “salvato” dall’oblìo della Memoria, quello che non è finito subito sui libri di storia.
A Carzano l’Italia avrebbe potuto sferrare un colpo determinante alle forze dell’Impero, ma ha gettato al vento l’occasione, consegnando il fianco (oltre al danno, la beffa!) all’affondo austriaco che un mese dopo avrebbe messo in ginocchio il Regio Esercito a Caporetto.
Storie sepolte in archivi antichi, episodi considerati minori, tenuti vivi solo da qualche comitato di zona; la vicenda di Carzano è stata “riscoperta” quasi per caso da Valerio Curcio, appassionato di Storia (e di “storie”) e ricostruita in un appassionante romanzo con la collaborazione dello scrittore e sceneggiatore Daniele Zanon.
Insieme a questi due personaggi è stato un piacere lavorare per mettere insieme un racconto teatrale che ricostruisse questa storia: “Il Battaglione Bosniaco. Carzano, 1917: il Grande Tradimento” è storia di uomini, di debolezze, di errori, di tradimenti…vicenda umana, prima ancora che fatto di guerra.
Lo spettacolo è stato presentato presso il Forte di Valledrane, a Treviso Bresciano, e poi anche a Carzano, sui luoghi dell’evento e per il 2018 sarà la proposta per celebrare il centenario della fine della Grande Guerra.
Ci abbiamo provato, abbiamo messo in questo racconto tutta la carica emotiva che questa storia ha lasciato in eredità anche a noi, abbiamo lasciato che i passi di quei soldati risuonassero nelle nostre orecchie, battessero all’unisono con il nostro cuore, abbiamo “vissuto” con loro l’angoscia, la paura, la rabbia…
Abbiamo provato a ripercorrere una vicenda vecchia di 100 anni, dandogli spazio e Memoria…chissà se saremo riusciti a regalare qualcosa di davvero utile agli spettatori, uno sguardo attraverso un mondo che cambia sempre per non cambiare mai, un popolo, quello italiano, che riparte sempre dai propri errori per ripeterli sempre allo stesso modo, una storia che, ottusa, ritorna periodicamente sui propri passi.
Lo giuro, ci abbiamo provato!